venerdì 14 marzo 2014

Attività on line 1.3 - è soddisfatto del suo modo di insegnare?

Come concordato, le attività on line consistono nel rispondere con un breve elaborato scritto (un commento) ad una serie di domande.

La terza (1.3) è la seguente: È soddisfatto del suo modo di insegnare?

Nel ricordare che la scadenza per l'inserimento del commento è fissata per sabato 26 aprile, mi raccomando di firmare i propri interventi (o di segnalare al mio indirizzo di posta l'eventuale nickname utilizzato).

Buon lavoro!

43 commenti:

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    1. Noi siamo dei punti di riferimento per i ragazzi, ma siamo anche umani!!! Non è sempre facile far capire ai ragazzi e trasmettere gli obiettivi dell'insegnamento di una determinata materia. Con i miei studenti parto sempre da un principio fondamentale: "le cose vanno capite e non forzate!" Questo potrebbe essere il concetto che Calvani definisce fading. Quindi sono soddisfatto quando riesco a trasmettere la voglia di fare, la voglia di capire e sperimentare; sono soddisfatto quando lo studente si interessa a ciò che lo circonda. Non è sempre necessario martoriare o arrabbiarsi con quegli studenti che non raggiungono la perfezione. Probabilmente non seguono, non ci ascoltano perchè c'è qualcosa che non va nel nostro modo di propore. Ce lo siamo mai chiesti questo? Nel mio percorso da Docente ho notato spesso che gli studenti arrivano ad un sovraccarico cognitivo in tutte le materie che sfocia poi nel cosiddetto menefreghismo. A mio avviso sono daccordo con le tesi di Calvani quando cita i tre criteri basilari per insegnare ad apprendere: intuitività, aderenza alle pratiche reali, essenzialità nella sequenzializzazione. Il concetto di peer teaching, reciprocal teaching e cooperative learning credo siano essenziali nel rapporto tra alunni ed insegnanti. Ho un ricordo ben impresso nella mente di quando frequentavo le scuole superiori e l'insegnante di Geometria Descrittiva senza spiegarci niente ci commissionava una tavola e si faceva i suoi sporci comodi! Secondo voi era soddisfatta del suo modo di insegnare? Proprio per la necessità di trasmettere anche valori educativi positivi quando eseguo con le mie classi lavori manuali cerco una collaborazione reciproca, cerco di far ragionare gli studenti ad alta voce in modo da fargli interiorizzare i concetti proposti, cerco di dargli autostima che secondo me è il valore fondamentale che nessuno da più ai giovani. Tutti hanno bisogno di autostima e credo proprio che siamo noi insegnanti i primi a doverla trasmettere comunicando con empatia l'amore per la nostra disciplina, altro valore che ritengo di notevole importanza. Concludo lodando il lavoro che ogni giorni siamo chiamati a svolgere con enorme difficoltà ed invito i colleghi ad essere tenaci nel praticarlo, a non mollare mai, ad avere la voglia di capirsi, di capire gli altri; non è questa una gara a chi è più bravo ad insegnare. Noi abbiamo il compito di formare le menti del futuro. Siamo educatori della disciplina ma anche della vita.
      Moris Valverde.

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  2. L'esperienza mi ha portato a raggiungere una buona consapevolezza e capacità nell'insegnare e nell'affrontare le molteplici problematiche che quotidianamente si presentano. Le classi che ho avuto modo di seguire hanno raggiunto gli obiettivi da me prefissati considerando i livelli di partenza, a volte mediocri. Ogni anno scolastico comincia con una scoperta reciproca tra me e la classe, un'iniziale diffidenza si trasforma in breve tempo in fiducia e rispetto. Il gruppo classe mi segue, ascolta, partecipa ed alla fine dell'anno scolastico raggiungo feedback positivi. Oltre alla didattica trovo miglioramenti comportamentali, i ragazzi rispettano e riconoscono il ruolo dell'insegnante come istituzione. Rilevo inoltre, maggiore autostima e consapevolezza delle loro capacità, affetto e rispetto nei miei confronti, sia come docente che come persona. Sicuramente sono molto lontana dalla perfezione e dai modelli proposti nel testo di riferimento adottato per il nostro corso, ma nel complesso sono soddisfatta del mio modo di insegnare.
    Alla base c'è la passione che provo per questo lavoro, lavoro che forma le menti e le generazioni future, un arduo compito è il nostro!
    Grazie a questa mia passione, a questa mia voglia di fare, di creare e crederci sempre, probabilmente riesco a trasmettere con empatia ai ragazzi che ho di fronte la bellezza delle materie che insegno. Materie pratiche che se anche inizialmente possano sembrare poco accessibili, visti i molteplici calcoli, vista la terminologia e la necessità di avere una predisposizione personale; con il mio trasporto riesco a coinvolgerli e ad appassionarli alla materia dandomi tante soddisfazioni.
    Paola Petrini Rossi

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  3. Attività on line 1.3 - è soddisfatto del suo modo di insegnare?
    Dopo quasi 10 anni di insegnamento, riesco sempre di più a gestire le classi, "imponendo" il mio ruolo e il massimo rispetto della figura del docente, sin dal primo incontro.
    Mi chiedo spesso se sono soddisfatta di me e del mio modo di insegnare e sicuramente questo piccolo e grande libro, sta diventando un valido supporto; leggendolo, mi sto rendendo conto cosa poter migliorare o cosa va bene di quello che già faccio all'interno della classe.
    Sicuramente un metodo didattico o meglio formato didattico che non ho mai amato, è la lezione frontale, esposizione di contenuti da parte del docente-oratore davanti ad una classe che poco dopo, diventa sempre più passiva.
    Nelle materie artistiche e creative che ho la fortuna di poter insegnare, ho bisogno della lezione metodologica e del modellamento/pratica guidata, (modellamento modulata), x le lezioni sulla rappresentazione della figura umana ma anche per le tecniche grafiche.
    Sono molto soddisfatta quando mi avvalgo del peer tutoring, credo molto nel gioco di squadra e sull'aiuto reciproco tra i ragazzi.
    Per noi docenti risulta meno noioso e x loro un metodo utile perchè più divertente e poi si rendono conto di com'è il nostro lavoro.
    Importante è il clima della classe che si crea con noi e viceversa e in base a questo, costruire insieme ogni giorno il nostro lavoro, ricordandoci sempre che con soggetti non adulti, non possiamo presentarci in classe e voler lavorare sulla cooperazione.

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  5. Il processo d’insegnamento è complesso, ricco di variabili e sempre in divenire. Le modalità d’insegnamento sono allo stesso modo mutevoli, poiché si rivolgono a studenti diversi tra loro per capacità, competenze, interessi etc.
    Come docente mi ritengo abbastanza flessibile e pronta ad accogliere le richieste dei miei alunni, anche quando non sono palesi. L’aspetto didattico è molto importante, perciò scelgo con cura metodologie e strategie che penso siano più adatte al gruppo classe con cui sto lavorando. Non trascuro mai l’aspetto emotivo, anche se mi sforzo di non farmi coinvolgere completamente dalle problematiche, le più disparate, dei miei studenti.
    Sì, del mio modo di insegnare sono abbastanza soddisfatta. I miei studenti apprezzano i contenuti della disciplina che insegno e questo è già un gran vantaggio per me. Però quello che mi rende soddisfatta veramente è il rapporto che riesco ad instaurare con loro: c’è molto dialogo, ma mai confusione dei ruoli. Insomma non sono “l’insegnante amico”, è un ruolo nel quale non credo. Sono piuttosto” l’insegnante normativo” che suggerisce e condivide le regole con i suoi studenti.
    Ho ancora tanta strada da fare professionalmente, quello che mi auguro è di non perdere mai l’entusiasmo di oggi, di lavorare sempre con la stessa energia e passione.

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  6. Non sempre. Non si finisce mai di imparare... in qualsiasi contesto.
    Sono soddisfatta quando vedo i ragazzi seguire con interesse ciò che dico, quando sento che hanno fiducia in me, quando vedo risposte positive attraverso le verifiche e gli elaborati, quando si innesca in loro la tanto denigrata curiosità di sapere e di saper e voler vedere, conoscere ciò che di bello ci circonda.
    Non lo sono quando vedo disinteresse, apatia, demotivazione e spesso ciò significa che non sono riuscita a trovare quella giusta “esca” per catturare il loro interesse.
    Sono convinta che l'esperienza e la continuità in questo lavoro siano elementi fondamentali per raffinare questa capacità che caratterizza la figura dell'insegnante.

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  7. Posso affermare di essere molto soddisfatta del mio lavoro di insegnante che amo e che svolgo con passione e che ritengo tra i mestieri più belli, nonostante mi renda conto di essere solo agli inizi di un cammino professionale molto impegnativo e per alcuni aspetti faticoso, dove c'è tanto da imparare e migliorare, giorno dopo giorno.
    Il contatto con i ragazzi mi trasmette positività, energia e voglia di migliorare per loro e per me stessa, in un continuo rapporto di scambio e dono reciproco.
    Così sperimento quotidianamente la necessità di sviluppare capacità di comunicazione e relazionali che non coincidono solo con il recepire e decodificare i messaggi degli alunni ma che consistono nello svolgere una parte attiva fondamentale e cioè quella di dare supporto laddove è necessario, esplorando i vissuti emotivi degli alunni e rispettando i loro stati d'animo. Solo con l'esperienza "sul campo" è possibile crescere professionalmente a tutto tondo, affinando le abilità e le competenze proprie di un docente, vivendo a contatto diretto con le realtà delle classi e degli alunni.
    Ciò che maggiormente mi affascina di questa professione è la possibilità che mi offre di aiutare i ragazzi, soprattutto quelli meno fortunati, i disabili o portatori di bisogni educativi speciali, per tirar fuori le loro abilità, le doti che posseggono e che a volte non conoscono ancora, cercando di inibire gli aspetti negativi.
    Il senso più profondo della parola educazione d'altronde è proprio questo, etimologicamente da "e-ducere" che vuol dire "tirar fuori", ossia esercitare una vera e propria arte maieutica, di guida al vero, al bene, al bello.
    Così, provo una sensazione di gioia e soddisfazione nel vedere che al termine di un anno scolastico, i ragazzi che ho seguito sono cresciuti e maturati, perché si è realizzato un percorso di formazione integrale, che li ha coinvolti totalmente senza annoiarli e responsabilizzandoli. Sono convinta, infatti, che la relazione educativa e didattica che si instaura tra docente e allievi sia il nodo cruciale del processo educativo e il cuore dell'azione educativa risiede proprio nell'insegnante, che deve possedere una disposizione quasi naturale di apertura e dialogo con gli altri, doti di comunicazione, un certo "carisma" personale e una genuina "curiosità" verso gli alunni e la propria disciplina. In tal senso, condivido quanto affermato da Ignazio di Antiochia già nel II sec. d. C. secondo cui "si educa con ciò che si dice, si educa con ciò che si fa; ancor più si educa con ciò che si è”, nella ricerca di un dialogo continuo con se stessi e con gli altri.
    Mariapia Biancucci

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  8. Nel complesso sono soddisfatto delle metodologie didattiche che uso in classe perché a fine anno scolastico noto livelli di apprendimento buoni da parte di molti alunni, quindi vedo aumentare notevolmente le conoscenze generali rispetto all'inizio dell'anno.
    Mi sono chiesto spesso perché insegno e se fossi soddisfatto del mio modo di insegnamento e credo che la risposta non sia unica ma dipenda dal fatto che mi piace : - trasmettere delle conoscenze che ho appreso nei miei anni di studio passati; - relazionarmi con gli alunni quotidianamente e capire le loro difficoltà; - fare ricerca e cercare ogni anno di migliorare il mio modo di trasmettere le nozioni; - poter premiare con voti alti gli alunni che studiano e si impegnano con costanza; - poter contribuire alla crescita e alla formazione professionale, educativa e caratteriale di ogni studente.
    Queste sono le motivazioni per cui mi piace insegnare e che mi aiutano a svolgere serenamente il mio lavoro tutti i giorni. Biagio Biancucci

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  9. Sono soddisfatto del mio modo d’insegnare? bisognerebbe chiederlo ai nostri studenti! Sono soddisfatta del mio metodo solo se i miei insegnamenti hanno avuto un feedback positivo, se sono riuscita a coinvolgerli e ho stimolato la voglia di lavorare, credendo nella scuola, uscendo dalla mia lezione con soddisfazione, contenti di aver creato qualcosa, da un vero e proprio progetto ad un singolo gesto, sereni del fatto che qualcuno li abbia ascoltati e li abbia fatti confrontare per abbandonare un atteggiamento disilluso, che nella maggior parte dei casi hanno. La cosa di cui non sono molto soddisfatta purtroppo è la collaborazione, non con gli studenti, ma con gli insegnanti, spesso inesistente. Ognuno è chiuso nella propria aula, non capendo che il lavoro che inizia alla 8.00 con italiano può continuare l’ora successiva con storia dell’arte e perché no anche con un laboratorio … Quando organizzo una didattica con una o più interdisciplinarità, sono io stessa che faccio le diverse lezioni, causa di scarsa collaborazione tra insegnanti, ma non mi scoraggio. Amo fare questo lavoro e penso, per lo meno spero, che gli alunni lo capiscano, per questo mi danno grandi soddisfazioni, non intendo dire che hanno tutti ottimi voti, ma che tutti si impegnano in relazione alle proprie capacità raggiungendo gli obiettivi stabiliti, avendo un atteggiamento rispettoso. Non è sempre facile arrivare a questi risultati, anzi non lo è quasi mai, ma la mia passione, l’empatia e l’entusiasmo spesso mi ripaga dei sacrifici compiuti!

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  10. Posso affermare che in generale sono soddisfatta del mio lavoro svolto in circa 7 anni di insegnamento ma a volte, i risultati ottenuti, non sono proprio all’altezza delle mie aspettative o di quelle degli studenti e questo mi spinge sempre di più a rivedere alcune metodologie e a riprogettarmi.
    Di volta in volta analizzo molto i sentimenti personali (soddisfazione, frustrazione…) le attività svolte, i risultati ottenuti con gli studenti soprattutto alla fine dell’anno scolastico e subito prendo delle decisioni sul che cosa fare nel prossimo futuro. Alla fine di ogni modulo e corso rifletto sulle strategie e sulla riprogettazione e rivaluto anche il rapporto con i colleghi in relazione alle attività e ai progetti.
    Vorrei pormi come obiettivo quello di produrre una documentazione utile per una successiva lettura e rielaborazione, in modo da favorire l’analisi di personali visioni sui problemi incontrati e sulle strategie attivate non sempre in modo consapevole.
    Oltre ad essere un maestro “ispiratore” credo che debba esserci qualcosa in più, per esempio saper comunicare con i propri studenti ed essere un insegnante carismatico e soprattutto credo di essere sempre stata me stessa, facendomi rispettare da loro proprio per questo.

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  11. 1.3-È soddisfatto del suo modo di insegnare?
    Ricordo ancora le domande che mi incombevano il “primo” giorno di scuola … Sarò in grado di insegnare?Sarò una brava insegnante?
    Grazie alla spinta e al sostegno della mia famiglia ho scoperto la mia grande passione: “insegnare”!
    Le domande che mi ponevo sono poi scomparse con lo scorrere del tempo, perché la mia mente era occupata a pensare ad altro, aiutare i miei allievi ad amare la materia a riscoprirla e valorizzarla.
    Le soddisfazioni che si ottengono sono tante, ma a volte ti ritrovi ad affrontare allievi che non hanno voglia di fare e vengono a scuola giusto “per” (questi “per” sono tutti negativi). Ti viene un po’ di sconforto, cerchi di inventarti l’immaginabile affinchè nasca la voglia di fare, non sempre questo accade. Il consiglio che do agli insegnanti novelli è quello di non gettare l’ancora e credere in ciò che si fa. Si diventa bravi insegnanti giorno dopo giorno, grazie alle nuove esperienze che sorgono quotidianamente, devi reinventarti, cercare escamotage in breve tempo, per riuscire in questa missione serve tanta buona volontà e tanta pazienza, che fortunatamente non manca. Dire di essere soddisfatti al 100% del proprio modo di insegnare è difficile. Posso dire di essere contenta del mio operato, ma la strada da intraprendere è ancora lunga e spero di imparare sempre di più ed essere una brava insegnante, cercando il conforto con colleghi con più esperienza, aggiornandomi sulla mia materia ma soprattutto scoprendo le varie sfaccettature dei miei allievi, che sono infinite… Non si smette mai di imparare e di migliorarsi…
    Brigida Iuliucci

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  12. 1.3 E’ soddisfatto del suo modo di insegnare?

    Alla fine di ogni scrutinio mi dico: “si, va bene, ma avrei dovuto fare di più..” oppure “se avessi agito così invece di…”. Il mio lavoro è al secondo posto, dopo la famiglia, nella scala dei valori, ed è una delle cose che mi appassiona di più. Proprio per questo penso di poter dire che non sono del tutto soddisfatta. Auspico sempre il meglio ogni anno scolastico (soprattutto auspico di essere riconfermata...ironia a parte). Mi riempio di buoni propositi pensando a nuovi metodi di lavoro, strumenti, strategie e sarà utilissimo pensare ai molteplici modelli didattici proposti da Calvani, come quello i Clark, Gagnè, Merril, ecc.. Tutti modelli che vorrei raggiungere. Auspico che noi insegnanti non siamo più relegati ai molteplici ruoli strategici all’interno della scuola, come le varie figure strumentali, referenti progetti, ecc.. (che secondo me distolgono il docente dalla cattedra), e che ci sia ridato il ruolo di educatori. Ogni anno riesco a raggiungere gli obiettivi prefissati, riesco a vedere il miglioramento comportamentale e didattico dei miei ragazzi, e quella diffidenza iniziale poi diventa simpatia e rispetto reciproco. L’alunno che prima non voleva sentir parlare di moda (sebbene avesse scelto l’indirizzo) poi lavora sereno, qualcuno si appassiona e sviluppa la motivazione intrinseca proposta da Bruner (e qui secondo me è raggiungere il top) e mi mostra volentieri i compiti svolti ed i propri progressi. Sono soddisfatta quando una classe mi dice che vorrebbe di nuovo me l’anno prossimo o quando incontro un alunno e questi mi dice che ancora si ricorda le lezioni di storia del costume fatte con me. Tuttavia quello che non mi rende pienamente soddisfatta è che ogni anno ci sono alunni che mollano e si ritirano. In quel caso penso che avrei potuto fare di più sia con l’alunno che con i colleghi, con i quali spesso ci si incontra solo ai Consigli di classe. Una maggiore cooperazione invece potrebbe aiutare a sensibilizzare maggiormente noi tutti ad ascoltare i ragazzi e le loro famiglie, affinchè il risultato raggiunto non sia la dispersione ma il progresso scolastico. Secondo me si può sempre fare di più, anche se siamo solo un numero x di un intero Consiglio di Classe. Biagetti Caterina

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  13. Quando un insegnante entra in classe deve non soltanto stabilire una relazione più o meno empatica con i propri studenti, quanto essere consapevole del modello teorico e metodologico di insegnamento da utilizzare e i suoi relativi “costi” e “benefici” che lo rendono più o meno efficace.
    Se infatti un docente può mettere a confronto più modelli di insegnamento e riconoscersi all’interno di uno (o più di uno) di essi, sarà sempre più in grado di convalidare o ristrutturare le proprie scelte formative nei confronti della classe perché saprà “posizionare” la propria identità come insegnante. Secondo Calvani l’intento del libro è quello di consentire agli insegnanti di confrontare le proprie pratiche reali con i suggerimenti della ricerca sull’istruzione e di migliorare, così, l’efficacia delle proprie azioni didattiche nel contesto scolastico. Il mio approccio verso l’insegnamento è di tipo “sperimentale”: il docente, come il ricercatore, fa esperienza sul “campo”, comprende i significati della propria esperienza didattica, sa progettare e riprogettare il proprio intervento educativo perché non è un passivo fruitore di teorie didattiche quanto piuttosto attivo protagonista del processo stesso di formazione e di apprendimento. «Molto spesso» – come riferisce Calvani – «è proprio nella pratica che molti insegnanti riescono, anche attraverso l’esperienza stessa, coadiuvata da intuizione e buon senso, a mettere in atto comportamenti che si rivelano poi congruenti con tali principi».
    Tuttavia è difficile ricollegare la pratica dell’esperienza quotidiana in classe con le relative teorie psicologiche di riferimento. Nonostante l’insegnamento possa assumere una molteplicità di forme relative a variabili contingenti e contestuali, posso ritenermi soddisfatta del mio modo di insegnare.
    Nel corso della mia formazione, ho imparato ad elaborare e rielaborare ipotesi progettuali e proposte attuative in modo autonomo e soprattutto critico, anche se, a volte, percepisco una “distanza” tra il concreto e il possibile, tra ciò che si potrebbe fare e ciò che si riesce a fare.
    L’insegnante che forma un “bravo” alunno non solo favorisce in lui l’acquisizione di nuove conoscenze e la padronanza dei contenuti specifici di una determinata disciplina, ma anche, e soprattutto, lo rende capace di confrontarsi con situazioni reali, per procedere in modo sempre più autonomo, per iniziare a fare da solo e, pian piano, a trovare nuove soluzioni, “inedite combinazioni”.

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  14. 3 E’ soddisfatto del suo modo di insegnare?
    Sono assolutamente soddisfatta dell’interesse che spesso trovano i ragazzi nel seguire le lezioni e molto appagata che gli iniziali insuccessi quasi sempre diventano risultati positivi e in alcuni casi anche eccellenti. Un altro aspetto che trovo molto interessante e’ la natura progettuale insita nell’insegnare. Progettare infatti e’ per me declinare i contenuti e gli obiettivi dei programmi didattici con le esperienze emergenti dalle dinamiche sociali della classe e dei singoli studenti. Sono invece delusa dalle scarse sinergie che si creano con i colleghi soprattutto piu’ “esperti” che potrebbero arricchire e potenziare il modo di insegnare dei docenti “meno esperti”. Credo infatti, che l’esperienza sia un deposito sapienziale comune a cui dovrebbero poter attingere i nuovi docenti in tutti gli stadi del lavoro didattico. Ritengo infine che l’insegnante debba continuamente affinare e aggiornare la sua formazione nei contenuti del singolo insegnamento, nei metodi didattici e nelle nuove frontiere della pedagogia; dovendosi interfacciare con realta’ sempre piu’ complesse.

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  16. Sicuramente non nego di non aver mai approfondito principi e strategie per l’insegnamento e grazie forse a questo testo ho potuto iniziare a riflettere e rielaborare le mie esperienze passate e farne frutto per i miei insegnamenti futuri; certamente l’ amore per il mio lavoro e un pizzico di intuito mi hanno spesso aiutato in un clima di classe positivo e sempre di incoraggiamento nei confronti degli allievi, posso sicuramente migliorare certi aspetti, ma penso di essermi costruita man a mano negli anni di servizio sperimentando e mettendomi a volte in discussione, correggendo degli errori, correggendo le metodologie, il modo di approcciarsi fino a raggiungere anche dei momenti di soddisfazione nel vedere raggiungere negli allievi un traguardo, un miglioramento, una passione...
    Mi pongo come un insegnante che nella relazione con l’alunno ha sempre qualcosa da imparare dove accompagno nella crescita ma nel contempo cresco a livello professionale anch'io.
    Elisa Giuliani

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  17. E' soddisfatto del suo modo di insegnare?
    Sicuramente, le mie strategie sono in continuo divenire, sono nella fase iniziale, durante la quale osservo e studio una parte del percorso che affronta l’allievo: ho sempre seguito studenti in fase iniziale o nell’ultimo anno del triennio, non ho una consapevolezza di insieme, ma di parete; c’è sempre stata una rottura di quell’empatia che si veniva a creare tra me e miei alunni, un dolore affettivo che credo non debba essere spezzato. Nel corso del tempo non sono stata in grado di valutare se i miei insegnamenti iniziali abbiano lasciato il “ segno” e se siano stati acquisiti ed interiorizzati a tal punto da essere perseguiti anche autonomamente dagli alunni negli anni a seguire, so di certo, di aver imparato dai miei errori iniziali. Man mano la mia identità di Insegnante ha conseguito una propria struttura di base con dei principi e metodologie adattabili e flessibili, dal mio “ primo giorno di scuola”, c’è stata una crescita progressiva e consapevole. La mia natura positiva mi fa pensare ogni fine anno che se da un terreno apparentemente arido vien fuori un piccolo germoglio allora ho fatto bene il mio lavoro.
    Certo, non è semplice fare l’insegnante, non è più un mestiere è quasi un ‘arte, dove accanto alle competenze disciplinari indispensabili occorrono tutta una miriade di “ atteggiamenti e sensazioni” che consentono quel salto di qualità che si realizza nel passaggio “ dell’essere insegnanti a divenire maestri”. Oggi ,potrei dire di essere soddisfatta dei miei progressi, per il resto bisognerebbe chiederlo ai miei allievi.

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  18. È soddisfatto del suo modo di insegnare?
    Mi chiedevo e mi chiedo ancora tuttora se le mie allieve sono soddisfatte della lezione svolta? Un bravo insegnate deve sapersi “autovalutare” porsi “innanzitutto” in modo critico di fronte a risultati sia negativi e sia positivi. A volte non si è soddisfatti del modo d’insegnare, dipende anche nel modo in cui si presenta il gruppo classe, e mi chiedo: forse potevo impostarla diversamente…!! Spesso mi trovo a fare conti con allieve senza motivazione, un problema davvero cruciale che può pregiudicare l’intera attività didattica. E soprattutto, quando non c’è la motivazione, bisogna aumentarla- coltivarla in itinere, ed è importante quanto viene data all’allieva la risposta gratificante che si comporta secondo le aspettative dell’insegnante, attraverso un sistema di rinforzo positivo come afferma Skinner (motivazione estrinseca- Rinforzo positivo) la motivazione ad apprendere. Uno dei metodi più sicuri per introdurre l’allieva/i ad affrontare un argomento difficile è quello di farci scoprire il piacere legato ad una nuova conoscenza (Bruner -motivazione intrinseca). Sono da evitare, le situazioni di fallimento anche l’eccesso di rinforzo positivo può essere controproducente, come nel caso in cui le allieve ottengono gratificazioni per compiti che lo reputano troppo facili, l’autosufficienza si alimenta, indipendentemente dai rinforzi tangibili (Banduro), è molto importante trasmettere l’allieva/i il senso si sicurezza che viene messo in rapporto con l’apprendimento (Rogers, Sullivan, Maslow). Io, come insegnante sono soddisfatta quando: - dò valore a ciò che faccio, quindi al mio sapere e nel modo in cui lo attuo - Percepisco i livelli di acquisizione e consolidamento rispetto a quello che faccio -Raggiungo ciò che “desidero”, ciò che offro al gruppo classe. Per rendere efficace il proprio metodo di insegnamento occorre che il docente si metta continuamente in discussione, riflettendo sui propri stili di insegnamento, chiedendosi il perché di eventuali insuccessi scolastici, del disinteresse o della scarsa partecipazione degli alunni.

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  19. 1.3 E’ soddisfatta del suo modo di insegnare?
    Il percorso che ho iniziato sette anni fa mi ha aiutata ad acquisire maggiore sicurezza nelle mie potenzialità perché ho capito che "insegnare" significa "trasmettere" le proprie conoscenze e l’amore per la materia.
    Mi sono stupita dei grandi risultati ottenuti dai miei allievi perché lasciandoli andare senza rigidità esce in loro, attraverso il disegno, la bellezza e il talento precedentemente ignorato.
    La tecnica va insegnata e studiata, ma nel disegno se non si va oltre, verso la vera essenza del nostro corpo, in armonia con ciò che siamo, la tecnica, da base del disegno, si trasforma in contenitore senza contenuto…e non diventa più il nostro supporto, ma il nostro limite perché l’arte del disegno deve essere libera di essere!
    Ciò che mi rende soddisfatta del mio modo di insegnare è vedere come continuamente cresce da parte dei miei alunni la passione verso l’arte e questo mi fa capire quanto il mio impegno nell’insegnamento viene apprezzato e soprattutto quanto il mio messaggio viene recepito.
    Elisabetta Scotti

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  20. I miei quattro anni d'insegnamento mi hanno permesso di confrontarmi con diverse situazioni che vanno oltre il campo puramente didattico. Insegnare significa anche dialogare, creare un rapporto di fiducia con i ragazzi per tirare fuori il meglio da loro, creare un ambiente sereno e tutto ciò converge al risultato finale. Ogni anno scolastico parto con il giusto entusiamo e la giusta carica per affrontare le diverse problematiche che si presenteranno. Essere pienamente soddisfatta del mio modo di insegnare è sicuramente difficile. La soddisfazione maggiore sta proprio nei risultati ottenuti alla fine dell'anno scolastico specialmente in materie come la mia (Storia dell'arte) a cui i ragazzi fanno difficoltà ad appassionarsi. I buoni risultati arrivano non senza difficoltà che spesso chi ha maggiore esperienza di me mi aiuta ad affrontare data la mia giovane età. L'amore e la passione per la mia disciplina e per la scuola sono fondamentali nel mio modo di insegnare e sicuramente il continuo mettersi in discussione aiuta a migliore il metodo e il giusto approccio con i ragazzi.
    Raffaella Sciullo

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  21. In questi sette anni di percorso scolastico ogni anno ha presentato le sue differenze. Le varie realtà incontrate sono state stimolo di riflessione, sotto il punto di vista professionale ed umano, permettendo di riflettere sui metodi di insegnamento applicati in classe. E' stato piacevole notare, ancora una volta, quanto la disciplina del disegno e della storia dell'arte permettano di aprire strade di comunicazione con generazioni differenti le quali, mostrano interesse per gli argomenti trattati.
    Il dialogo instaurato è stato di aiuto nella partecipazione collettiva e nello studio, in questo confronto con gli studenti si evince quanto ci sia sempre da imparare, proiettandomi e predisponendomi a maturare.
    Daniele Di Fiore

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  22. Considerando i pochi anni di esperienza maturata nell’ambito dell’insegnamento, sono assolutamente certa di avere ancora moltissime occasioni per migliorare il metodo d’insegnamento sia dal punto di vista dell’esposizione dei concetti che da quello dell’approccio con i ragazzi. Tuttavia è proprio questo secondo aspetto che, per ora, mi crea meno preoccupazioni visto che, anche nei casi più difficili, finora sono riuscita sempre ad instaurare un buon rapporto con gli alunni e a mantenere buono il CLIMA DELLA CLASSE. Ciò non significa che quando entro in aula io trovi sempre tutti seduti e in silenzio pronti ad ascoltare la lezione, anzi, ho dovuto faticare molto affinché in alcuni contesti, a causa forse anche della mia giovane età rispetto ai docenti di ruolo, non scambiassero la mia ora con la ricreazione! Ma lavorando quotidianamente sul concetto di responsabilità, tirando e mollando più volte la presa attraverso il pretendere e il gratificare, trasmettendo fiducia nel conseguimento degli obiettivi, ho avuto la soddisfazione di vedere migliorare anche le situazioni più difficili. Quando non so come comportarmi di fronte a certe situazioni, ripenso ai miei insegnanti i quali, chi in un modo e chi in un altro, mi hanno dato tanto; in questo senso, credo di poter affermare che siamo tutti figli del FADING visto che tutti abbiamo avuto dei professori e che, probabilmente, come a me è capitato, almeno una volta nel corso della carriera scolastica o universitaria ci è stato chiesto di esporre un argomento al resto della classe sotto la loro guida.
    Valentina Bruni

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  23. 1.3 E soddisfatto del suo modo di insegnare?
    Ad ogni anno scolastico arrivo al mese di giugno esausta, perché nel mio lavoro metto tutta la passione. Nel ricominciare il nuovo anno scolastico riparto con rinnovato entusiasmo, curiosa di conoscere le nuove leve e di riprendere le ricerche interrotte a giugno.
    La disciplina che insegno si chiama decorazione e cottura dei prodotti ceramici in un liceo artistico dove l’aggiornamento e la ricerca giocano un ruolo essenziale.
    Le difficoltà che incontro nelle nuove classi, legate al fatto che affrontano questa materia per la prima volta, quindi l’utilizzo di termini e materiali nuovi, vengono ricompensate da un accrescimento culturale che a volte sfocia in uno stimolo reciproco.
    Nell’insegnare applico il “modellamento/pratica guidata”, che consiste nell’insegnare attraverso l’esempio dimostrativo. Io mostro come si deve fare: come si usa uno strumento, come si applica una procedura, ecc. Gli studenti osservano e imitano il lavoro che ho semplificato, eventualmente io correggo l’elaborato.
    Il modellamento può essere anche modulato, dove l’insegnante lascia pian piano più autonomia e dà dei compiti più complessi agli studenti man mano che acquistano più esperienza.
    Consorti Milva

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  24. 1.3; E’ soddisfatto del suo modo di insegnare?
    Sono soddisfatta del mio modo di insegnare, rispetto i diritti fondamentali degli allievi, evito tutte le forme di discriminazione per razza, sesso, credo religioso e provenienza familiare.
    Contribuisco a creare nelle mie classi un clima collaborativo, mi oppongo a tutti gli atteggiamenti autoritari o lassisti, privilegio la progettualità rispetto a programmi standardizzati, favorisco l’azione educativa le relazioni umane e dimostro apertura alle problematiche sociali.
    Condivido il punto di vista cognitivo di Calvani; egli suggerisce che gli argomenti devono essere compresi e consolidati e mai forzati (fading).
    Queste sono tutte doti importanti per poter essere un insegnante negli Istituti Professionali.
    Ritengo di essere soddisfatta in quanto i miei discenti esternano la loro stima nei miei confronti.
    Firmato: Pina Saltarelli.

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  25. E’ soddisfatto del suo modo d’insegnare?

    Io penso che si possa fare sempre meglio in tutto, quindi è bene confrontarsi con gli altri colleghi e sperimentare nuove tecniche d’insegnamento. Il mondo, la società sono in continuo movimento, cambiano continuamente, proprio per questo motivo anche noi insegnanti non possiamo fossilizzarci sulle tecniche acquisite, ma dobbiamo sempre andare avanti.
    E’ come per gli studenti, maggiori sono le cognizioni e le metodologie acquisite, maggiore sarà il campo di utilizzo. Così è anche per noi insegnanti una tecnica può andare bene in un dato momento storico o in una classe, ma non è sempre così quindi dobbiamo essere in grado, dopo aver analizzato l’alunno o una classe che abbiamo di fronte, valutare quale sia la metodologia più adatta .
    In questo momento sono soddisfatta del corso perché ci sono cose che non conoscevo e sicuramente mi saranno utili per la mia attività d’insegnamento.
    Fino a quando riuscirò ad incuriosire e stimolare i ragazzi, non importa in che modo o con quale tecnica, e loro riusciranno a darmi da niente qualcosa io sarò sempre soddisfatta. Il giorno che il mio modo non produrrà frutti e rimarrà completamente sterile, potrò dire a me stessa che forse è arrivato il momento di cambiare lavoro.
    Agnese Ascolani

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  27. Potrei definirmi sufficientemente soddisfatta del mio modo di insegnare, soprattutto ripensando ai progressi fatti dalla prima esperienza, tredici anni fa, ad oggi. Ma non per questo mi sento immune da errori di percorso, anzi ogni volta che mi rendo conto di non aver pienamente soddisfatto i principi ai quali mi ispiro, allora ancor più sono determinata a correggermi e a migliorare. Sono convinta che sia per primo l’insegnante a non dover finire mai di imparare.
    La soddisfazione più profonda, comunque, la provo quando è l’allievo meno dotato a raggiungere risultati per i quali lui per primo prova gratificazione, stima di sé stesso; oppure quando sono i ragazzi ad esprimere il desiderio delle mie lezioni, della mia guida, del mio consiglio. Vederli diventare autonomi equivale per me ad aver tagliato il traguardo.
    In definitiva, è la gratificazione personale dei miei alunni a generare la mia soddisfazione quale insegnante.
    Laura Franco

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  28. 1.3 E’ soddisfatto del suo modo di insegnare?
    Purtroppo nella maggior parte dei casi non posso essere soddisfatto del mio modo di insegnare, perchè non sempre riesco a raggiungere gli obbiettivi che mi prefiggo: creare o aumentare l’interesse da parte dello studente nei confronti della mia disciplina, portare tutti gli allievi ad una buona preparazione, ecc. In questo compito noi insegnanti non siamo adeguatamente supportati dalle istituzioni e in alcuni casi nemmeno dalle famiglie. La mia esperienza spesso mi aiuta a scegliere sin dall’inizio la metodologia più efficace da applicare in quel contesto classe, ma fattori esterni spesso non permettono di praticare fino in fondo la metodologia scelta.
    Non sempre noi insegnanti riusciamo a creare una trans-disciplinarità che possa aiutare lo studente ad avere una visione globale relativa ad un periodo storico.
    Un altro dei miei obiettivi è quello di trasmettere le conoscenze o esperienze che ho acquisito, cercando di arricchire la loro autostima in quanto le nuove generazioni si presentano sempre meno motivate e con un atteggiamento atarassico. La professione di insegnante deve essere inevitabilmente una passione, altrimenti il solo contatto con i giovani non è sufficiente per affrontare le difficoltà che si incontrano tutti i giorni portando avanti questa missione.
    Spero di essere rispettato dai miei alunni e non temuto, elemento fondamentale per stabilire un giusto rapporto tra docente e studente.
    Quasi alla fine di ogni anno scolastico nel fare un resoconto del lavoro svolto penso: avrei potuto fare di più; perchè tutti noi possiamo migliorare ed arricchirci professionalmente, ponendoci nel giusto modo, facendo proprie le conoscenze altrui (colleghi-alunni) per migliorarci e continuare a crescere.
    Certo a me piacerebbe molto poter conoscere il giudizio dei miei studenti, se loro sono o meno soddisfatti del mio modo di insegnare, le loro risposte sicuramente arricchirebbero la mia professione, lavorando con ragazzi adolescenti, però, la loro riposta potrebbe non essere attendibile perché condizionata da una mia valutazione o da altri elementi non pertinenti.
    Laielli Donatello

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  29. È soddisfatta del suo modo di insegnare?

    Certamente ognuno di noi deve rivedere ogni anno il proprio metodo di insegnamento. Lavorando principalmente nel sostegno, mi trovo ogni anno ad affrontare situazione molto diverse. Questo comporta altresì tipologie e metodi di insegnamento specifici per ogni ragazzo. Non posso quindi affermare di avere un modo unico di insegnare, questo dipende dalla particolare situazione o situazioni che mi trovo ad affrontare anno per anno.
    Come parametro di soddisfazione valuto i risultati ottenuti alla fine dell’anno; in generale posso ritenermi soddisfatta, grazie soprattutto alla collaborazione degli altri insegnanti e delle famiglie dei ragazzi. Sicuramente ci sono stati anche momenti critici, in cui un maggiore coinvolgimento delle diverse componenti che ruotano intorno al ragazzo (famiglia, educatore, UMEE, consiglio di classe, docenti, ecc) avrebbero garantito un risultato migliore.

    Grazia Calvo

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  30. E’ soddisfatta
    Si, sono soddisfatta ma mi rendo conto che le circostanze in cui la scuola italiana si trova non offrono la possibilità di operare al meglio. Si potrebbe fare meglio e di più. Nelle Scuole nordiche si dice che il concetto spazio-tempo sia gestito in maniera differente e più efficace; a breve partirò con il Progetto Comenius e spero di averne testimonianza. Per quanto mi riguarda, credo che se i frutti del proprio lavoro non si raccolgono nell’immediato a volte è possibile vederli nel tempo. E’ possibile che se una materia possa sembrare ostile inizialmente, se insegnata in un certo modo, poi faccia talmente tanto appassionare lo studente da farla diventare non solo la materia preferita ma anche una scelta di vita.
    Quando ero sui banchi di scuola e vedevo un docente attuare dinamiche che da studentessa disapprovavo già allora mi dicevo che se mai un giorno mi fossi ritrovata nella condizione di insegnare non mi sarei mai comportata in quel modo. I Professori che mi hanno lasciato un segno e a cui tento di rifarmi sono stati i più professionali, docenti (universitari per lo più) che non mi hanno solo arricchita a livello nozionistico ma che mi hanno letteralmente insegnato a pensare, a ragionare, a relazionarmi e a spaziare nei confronti di quella materia a 360 gradi. Un conto è infatti conoscere la storia dell’arte per date, eventi, correnti artistiche ecc, ed un conto è conoscere ciò che realmente ha agito in quel momento storico per far si che si sviluppasse determinato evento artistico; presumo che ciò sia attuabile per tutte le discipline. Ho conosciuto tanti critici specializzati in una precisa epoca storica, chi nel barocco, chi nel medioevo, chi nel periodo etrusco: ognuno ritiene che in quel momento la storia dell’arte abbia dato il meglio di sé: per quanto mi riguarda questo è un errore, ogni espressione di un’epoca è rappresentativa e pertanto va quindi compresa.
    Ai miei studenti perciò insegno a non giudicare, ma a provare a capire, a porsi domande, esattamente come faccio io.
    Sono fiduciosa nel raggiungimento degli obiettivi verso un alto conseguimento: le date come i voti si dimenticano facilmente, ma se hai imparato a comprendere, a collegare sarai autonomo e quindi in grado tu stesso di insegnare. Non sempre insegnare è un percorso lineare, ma è in continuo mutamento insieme all’ambiente circostante, e connotato da un rinnovamento fortemente complesso perché tiene conto degli aspetti educativi, didattici, disciplinari, valutativi e pedagogici, che con le mie tre risposte spero di aver affrontato nel complesso. Posso pertanto affermare che ogni volta che entro in aula per tenere una lezione, imparo sempre di più sulla materia, su di me…sull’umanità. Sì: sono soddisfatta. Noi docenti abbiamo un grande potere in mano, possiamo cambiare la vita delle persone, è fondamentale saperlo usare con cura, amore e dedizione.

    Federica Toppan

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  31. Mi piacerebbe rivolgere la domanda ai miei studenti…
    Innanzitutto cerco di calibrare le lezioni in base alla classe, analizzando le personalità e le conoscenze per una relazione di fiducia, attenzione e rispetto.
    Interagendo con gli studenti si prende visione delle loro conoscenze potendo esaminare ciò che è il loro bagaglio culturale (preconoscenze) con le nuove nozioni (AUSUBEL).
    La lezione è introdotta con un linguaggio semplice, ponendo l’attenzione alla terminologia tecnica, le caratteristiche storiche e artistiche.
    La presentazione dei contenuti può avvenire in due modi:
    il primo attraverso esempi guidati con feedback alternato, ovvero:
    proiettata l’opera d’arte, la si analizza dal punto di vista descrittivo e gli studenti possono mostrare le loro capacità d’osservazione e di descrizione.
    Il secondo modo è analizzare l’immagine proiettata attraverso il “metodo intuitivo”, dove possono emergere le conoscenze e le intuizioni dei discenti spontaneamente, per poi approfondirne assieme i vari aspetti (BRUNER JEROME).
    La classe diventa una sorta di FORUM e la lezione si conclude con un ripasso, schema e anticipazione su ciò che verrà trattato successivamente. Spesso si incontrano collegamenti con altre discipline che aiutano a rafforzare riferimento e l’apprendimento.
    Utilizzo sempre un supporto tecnologico (LIM) che permette di scorrere tutte le opere ordinandole con immagini e parole chiave durante la proiezione accompagnata da una valutazione formativa e da un rinforzo positivo(Modello di Skinner)
    La lezione frontale e la partecipazione diretta aiuta a mantenere un alto livello di attenzione e la fusione di immagini e parole diminuisce il carico cognitivo e sintetizza le informazioni.
    Nel disegno invece l’attenzione è sollecitata dal tono della voce e dall’alternarsi di brevi quesiti o interventi per non perdere la dinamicità durante la lezione.
    Daniele Di Fiore

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  32. E' soddisfatto del suo modo d'insegnare?
    Mi ritengo soddisfatta della professione che ho scelto in quanto mi sento ad essa vocata.
    Non sempre sono soddisfatta, invece, del mio modo di insegnare!
    Questo è molto sentito quando a fine anno, facendo un bilancio, realizzo che non tutti ragazzi sono cresciuti, in una o più competenze professionali e relazionali, quanto avrei desiderato.
    Certo che non è possibile sperare che tutti gli studenti raggiungano risultati positivi. Credo anche che l'autocritica non sia sufficiente per capire gli errori commessi. Per questo, prima che l'anno scolastico volga al termine, distribuisco un questionario di "valutazione" dove chiedo ad ognuno di loro di esprimere sinceramente i punti di forza o le criticità riscontrati nel mio approccio metodologico e relazionale... Qualche utile suggerimento emerge sempre!
    Ilaria Visioli

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  33. Considero l'insegnamento della Tecnica fotografica una posizione “privilegiata”, per diversi ordini di motivi. In primo luogo, perchè – in parte per interesse personale, in parte per le necessità legate all'attuale contesto occupazionale - mi occupo di fotografia anche da altri punti di vista. Didattica della fotografia e pratica della stessa sono aspetti complementari: credo che la possibilità di contestualizzare alcuni elementi del programma didattico in casi reali ne favorisca la comprensione. Credo che si rafforzi, cioè, il principio che Merril (2001) definisce “Problem”: la facilitazione dell'apprendimento, quando gli studenti possono confrontarsi con problemi di significato reale. D'altra parte, entrare in contatto con i punti di vista degli studenti sulla fotografia costituisce un arricchimento per il mio modo di praticarla.

    Gli studenti hanno una proprio modo di utilizzare la fotografia, che non dipende soltanto da quello che apprendono nel contesto scolastico, ma si forma in parte al di fuori di esso, nel contesto sociale e culturale dell'esperienza. Quando iniziano il corso non si trovano di fronte qualcosa di completamente nuovo, ma un oggetto che è parte della vita quotidiana: come fruitori/destinatari di comunicazioni visuali, spesso come produttori attivi di immagini. Lo sviluppo delle tecnologie digitali, insieme a nuove forme comunicative e relazionali, ha facilitato negli ultimi anni una diffusione capillare della fotografia. Questo fa sì che, spesso, la motivazione intrinseca degli studenti nei confronti della fotografia sia attiva già in partenza (con tutte le sfumature che un'affermazione di carattere generale tende a ridurre).

    Nelle classi in cui ho insegnato, ho potuto osservare un cambiamento nel modo in cui gli studenti si relazionano al medium, dei processi di crescita delle rispettive potenzialità (Vygotskij). Spesso, si tratta di un processo che va da un utilizzo caratterizzato dalla velocità e all'immediatezza, ad uno maggiormente riflessivo e personale. Molti studenti iniziano ad utilizzare la macchina fotografica con impostazioni manuali, invece di affidarsi in ogni caso agli automatismi. Può sembrare un cambiamento di piccola portata, ma, di fatto, è un modo di cambiare l'interfaccia con un mezzo di comunicazione. In alcuni casi, questo cambiamento si è esteso anche alle modalità di osservazione, nella scelta dei soggetti e delle inquadrature, o a quelle del linguaggio fotografico. Una studentessa sta tentando la strada della professione, altri hanno iniziato un percorso di approfondimento ulteriore nelle Università e nelle Accademie di Belle arti.
    Ovviamente, ci sono stati anche tanti studenti per cui l'esperienza con la fotografia si è conclusa con il percorso di studi. Sono convinto, tuttavia, che il percorso di ogni studente sia stato rielaborato e filtrato dalla propria personalità, anche attraverso il proprio orizzonte sociale e culturale. In alcuni casi questi elementi sono stati dei facilitatori, verso ulteriori percorsi di sviluppo. In altri, magari, hanno funzionato da limite. In ogni caso, ognuna di queste esperienze costituisce, per me, una risorsa preziosa.
    Nelle mia esperienza, questi processi non sono stati sempre semplici o lineari. Ho incontrato studenti con difficoltà personali o correlate all'ambiente familiare e sociale o con necessità di assistenza e di sostegno. Ad uno sguardo retrospettivo, sono state proprio le situazioni più problematiche a darmi gli stimoli necessari ad adattare il mio ruolo e le mie attività di insegnamento alle necessità degli studenti. Credo, comunque, di avere ancora diversi margini di apprendimento circa la didattica della fotografia, soprattutto in chiave collaborativa e multidisciplinare.
    Gli ostacoli maggiori li ho trovati nel livello istituzionale, come carenze infrastrutturali, di strumentazione, o nella precarietà della professione che mal si concilia con i tempi dell'apprendimento e della continuità didattica.

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  34. Questa probabilmente è la domanda più difficile alla quale rispondere. Sono soddisfatta se penso ai ragazzi ai quali ho insegnato che ancora mi contattano, mi chiedono consigli, hanno continuato gli studi, amano il percorso fatto, con i quali ancora dopo anni esco per far due chiacchiere e mi raccontano entusiasti del periodo scolastico. Ciò significa che qualcosa è rimasto, non solo dal lato nozionistico che volendo si completa da sé, ma perché sono riuscita a trasmettere amore e passione per lo studio, per ciò che fanno, per quello che è divenuto il loro lavoro.
    Non sono soddisfatta se penso al sistema scolastico, la divisione delle ore, i progetti extracurriculari a volte male organizzati, che spesso distraggono i ragazzi. Talvolta mi trovo a desiderare di cambiare un po’ troppe carte in tavola e mi rendo conto che questo non è possibile, perché per il Sistema sono troppo giovane ma soprattutto troppo precaria, questa condizione ti rilega ad una progettazione di qualsiasi cosa a brevissimo termine per cui, no, non sono affatto soddisfatta, so che potrei fare meglio, dare loro molto di più, ma mancano i mezzi, se vogliamo l’esperienza, forse, speriamo solo per il momento!
    Consuelo Ballarini

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  35. Io penso che si possa fare sempre meglio in tutto, quindi è bene confrontarsi con gli altri colleghi e sperimentare nuove tecniche d’insegnamento. Il mondo, la società sono in continuo movimento, cambiano continuamente, proprio per questo motivo anche noi insegnanti non possiamo fossilizzarci sulle tecniche acquisite, ma dobbiamo sempre andare avanti. In 14 anni di insegnamento non ho mai insegnato allo steso modo, ho sempre adeguato il mio metodo di insegnamento al “materiale umano “ cercando di infondere più conoscenze possibili.
    infatti , maggiori sono le cognizioni e le metodologie acquisite, maggiore sarà il campo di utilizzo. Così è anche per noi insegnanti una tecnica può andare bene in un dato momento storico o in una classe, ma non è sempre così quindi dobbiamo essere in grado, dopo aver analizzato l’alunno o una classe che abbiamo di fronte, valutare quale sia la metodologia più adatta .
    Posso dire, nonostante la precarietà, che in questo caso forse è un bene, variare continuamente classe di concorso e scuola , di essere soddisfatto perché ci sono cose che non conoscevo, che ho imparato e sicuramente mi saranno utili per la mia attività d’insegnamento.
    Fino a quando riuscirò ad incuriosire e stimolare i ragazzi, non importa in che modo o con quale tecnica, e loro riusciranno a darmi da niente qualcosa io sarò sempre soddisfatto. Il giorno che il mio modo di insegnare si stabilizzerà, non produrrà più frutti e rimarrà completamente sterile, potrò dire a me stesso che forse è arrivato il momento di cambiare di nuovo lavoro.

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  36. La terza (1.3) è la seguente: È soddisfatto del suo modo di insegnare?
    Ho dato sempre grande passione ed impegno per ottenere dei buoni risultati in ambito lavorativo, cercando di infondere lo stesso amore per le materie agli alunni. Non sempre penso di esser riuscita a tirare il meglio da tutti gli alunni, probabilmente le strategie che spesso ho adottato non erano funzionali in quanto peccavano di inesperienze. Però mi metto sempre in discussione e mi confronto con colleghi ed alunni per cercare di migliorare e ripartire quindi con una marcia in più.
    Emanuela Candido

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  38. Sono abbastanza soddisfatta del mio modo di insegnare; la gratificazione più grande è nel vedere una risposta positiva dai miei alunni. Così, quando vedo che da parte loro c'è stato un arricchimento, nel senso che una mia lezione li ha lasciati con qualcosa di positivo, ha accresciuto il bagaglio di conoscenze, consentendo l'apprendimento di tecniche e nozioni con cui non si erano mai misurati prima, mi ritengo soddisfatta del mio operato, che concretamente si può misurare, per quanto riguarda la materia per la quale sto seguendo i PAS, che è "Arte del tessuto, della moda e del costume", con la realizzazione di un figurino a tema, ispirato a qualche epoca storica o ad un soggetto di fantasia. E' bello vedere la realizzazione di un prodotto attraverso le fasi di apprendimento, ed è gratificante la risposta degli alunni ad una sollecitazione e stimolo alla loro fantasia; così, ad esempio, nell'ambito di tale disciplina, ricordo con piacere di aver dato un tema ispirato al design italiano del Novecento sulla macchinetta del caffè, per la creazione di una collezione di abiti ed accessori che dovevano prenderne spunto, e la risposta della classe è stata molto positiva.

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  39. 3. E’ soddisfatto del suo modo di insegnare?
    Il mio modo di insegnare deve ancora maturare, in quanto come già definito in precedenza non è molto tempo che insegno. Inoltre sono ancora lontana dalla filosofia sull'insegnamento che ho esposto nel primo intervento. Vi sono delle piccole soddisfazioni che a volte riesco ad avere dalle ragazze a cui insegno, sopratutto sul fatto che rendono quotidiano quello che studiano, o che solamente ascoltano. Per esempio all'interno del programma di studio vi è una parte che riguarda l'etichettatura sulla composizione dei tessuti di abbigliamento, gli allievi dopo aver assistito alle lezioni che riguardano tale argomento, si ritrovano spesso a non poter fare a meno di fare attenzione all'etichettatura di un vestito, che semplicemente osservano. Ciò vuol dire che hanno cambiato il loro modo di vedere la realtà ed in qualche modo aumentato la loro motivazione allo studio, e in questo caso possiamo parlare di motivazione estrinseca.
    Ad oggi quindi la strada risulta ancora lunga, ma sono molto fiduciosa sopratutto per ciò che riguarda la mia modesta capacità di relazione con i ragazzi, che possiamo definire come la componente psicologica che ogni insegnante dovrebbe possedere. Tale capacità non è solo naturale ( mi piace stare in loro compagnia) ma anche dovuta ad una conoscenza psicologica degli allievi (la psicologia dell'età evolutiva ecc).
    Teresa Anania

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  40. A questa domanda risponderei si e no. Penso che l’insegnamento sia un processo evolutivo, non ci si può mai sentire arrivati, entrare in classe ed applicare la norma. E’ un processo evolutivo anche per l’insegnante che più è bravo e più sa mettersi in discussione. Una buona prassi che insegniamo ai ragazzi, ma che nello stesso tempo dobbiamo applicare a noi stessi è chiederci: “stiamo facendo bene? Possiamo fare di più?”. Se uno studente abbandona la scuola o non ama una materia è sempre un fallimento per quell’ insegnante, forse non ha fatto tutto quello che poteva fare.
    Per questo credo nell’insegnamento individuale, calibrando le informazioni sulla persona, suddividendo magari il lavoro in sequenza (chunking e sequencing) o scomponendolo in sottoinsiemi in componenti cruciali (pretraining).
    Non sono d’accordo con l’insegnante che assegna un compito e poi fa altro, non dimostrando lui stesso come si svolge quel compito.
    Negli studenti con poca autostima, timori e fragilità, trovo efficace, ad esempio, iniziare il disegno per loro spiegando ogni passaggio ed ogni scelta che vado facendo, per poi passare la matita o il pennello e dire: “ora prova tu”. E’ un po’ la tecnica del fading, dopo l’intervento diretto, l’insegnante sparisce progressivamente lasciando l’allievo a confronto con il problema reale e facilitando in questo modo l’aumento della sua expertise (come osserva Bandura).
    Bisogna anche ritornare sui concetti detti una volta, ribadendoli ed applicandoli a contesti nuovi con la tecnica del transfert. Solo in questa maniera gli studenti non dimenticheranno quell’informazione, ma acquisiranno sicurezza ed la utilizzeranno come uno strumento nella soluzione del problema in campi diversi.

    Elisabetta Achille

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  41. Soddisfazione reciproca ritengo possa essere un elemento valido di riflessione. Sicuramente per me nel tempo l’aver sempre più considerato la lettura dell’ambiente di apprendimento, fondamentale per il miglior porgersi di ogni realtà individuale, è stato il maggior spostamento nella mia metodologia didattica partita praticamente in maniera empirica.
    Una trasposizione del mio sapere spesso rivelatasi utile per quanti hanno proseguito e approfondito il loro percorso artistico consapevoli che l‘insegnamento non può risolvere ma stimolare i propri vari livelli di necessità.
    Roberto De Santis

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